Il Gruppo Iren analizza nel Piano Strategico il contesto e gli scenari macroeconomici, finanziari, energetici e climatici di breve, medio e lungo termine, allo scopo di individuare i fattori che assumono rilievo per il proprio business sotto il profilo competitivo, di sostenibilità, normativo e regolatorio e che possono influire sul perseguimento degli obiettivi di sviluppo. Per gli aspetti di dettaglio sugli scenari energetici, regolatori e finanziari si rimanda a quanto esposto nel Bilancio consolidato del Gruppo.
Lo scenario della sostenibilità nel 2021 evidenzia come la pandemia Covid-19, pur avendo accresciuto la consapevolezza della vulnerabilità del nostro modello di sviluppo e della forte interconnessione della dimensione ambientale e sociale, ha prodotto in tutto il mondo un impatto critico sui progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Il Rapporto delle Nazioni Unite 2021 (“The Sustainable Development Goals Report 2021”) descrive impatti significativi: aumento del tasso di povertà estrema globale per la prima volta in oltre 20 anni; 101 milioni di bambini scesi al di sotto del livello minimo di competenza in lettura e molti giovani a rischio di abbandono scolastico a causa principalmente dell’aumento del lavoro minorile e dell’ondata di matrimoni precoci che coinvolge soprattutto le ragazze; crescita della violenza domestica sulle donne e del lavoro di assistenza non retribuito sempre più sulle spalle di donne e ragazze, con un impatto sulle opportunità di istruzione, di reddito e sulla salute.
Nonostante il rallentamento economico, le concentrazioni dei principali gas serra sono aumentate e la temperatura media globale ha raggiunto circa 1,2°C al di sopra dei livelli preindustriali. Alla crisi climatica si uniscono altre crisi ambientali interconnesse: la diminuzione della biodiversità a un ritmo senza precedenti, la perdita di foreste e il degrado degli ecosistemi a ritmi sostenuti.
La pandemia ha anche portato enormi sfide finanziarie, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, con un aumento significativo della sofferenza del debito e una forte diminuzione degli investimenti diretti e del commercio estero.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha però evidenziato come sia ancora possibile realizzare l'Agenda 2030 e l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici a patto di un imperativo “da parte di governi, città, imprese e industrie per garantire che la ripresa riduca le emissioni di carbonio, conservi le risorse naturali, crei posti di lavoro migliori, promuova la parità di genere e affronti la crescente povertà e le disuguaglianze”.
Al tempo stesso la pandemia ha dimostrato la resilienza della comunità, ha messo in evidenza l’operato dei lavoratori essenziali in molti campi e ha facilitato la rapida espansione della protezione sociale, l'accelerazione della trasformazione digitale e una collaborazione mondiale senza precedenti sullo sviluppo di vaccini.
A febbraio 2021 il G7 – aperto anche ad Australia, Corea del Sud, India e Sud Africa, oltre che al Segretario Generale dell’Onu – ha incluso negli argomenti di discussione lo sviluppo di una risposta alla pandemia da Covid-19, con il fine di costruire una realtà post pandemica migliore, rispondendo alle urgenze ambientali e climatiche, assumendo l’impegno a non lasciare nessuno indietro, come dichiarato nell’Agenda 2030. I Paesi membri del G7, in vista della COP26 sul clima e della COP15 sulla biodiversità, si sono impegnati a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050, a fermare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 ed hanno inoltre concordato di donare un miliardo di vaccini ad altri Paesi.
Il G20, svoltosi sotto la presidenza italiana a Roma in ottobre 2021, ha posto al centro della propria agenda l’emergenza sanitaria, la crisi climatica, la povertà globale e le disuguaglianze di genere e generazionali. Per la prima volta tutti i Paesi del G20 hanno riconosciuto la validità scientifica dell’obiettivo di 1,5°C, si sono impegnati a contenere le loro emissioni in modo da non perdere di vista questo obiettivo e hanno assunto l’obiettivo della neutralità delle emissioni di CO2 attorno al 2050. Inoltre, è stato promesso un sostegno economico ai Paesi più poveri per quanto riguarda il clima. Agli obiettivi climatici, si è aggiunta la riforma del sistema di tassazione internazionale, per garantire che tutte le società paghino la loro giusta quota di tasse, e il superamento del protezionismo nei prodotti sanitari, anche con l’obiettivo di assicurare più vaccini e intensificare i legami tra finanza e salute per trovare nuovi modi di assistere i Paesi più poveri del mondo.
Il 13 novembre 2021 si è conclusa la COP26 con quasi 200 paesi che hanno concordato il patto per il clima di Glasgow che conferma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, con una riduzione del 45% delle emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto al 2010 e il raggiungimento di emissioni nette zero intorno alla metà del secolo, l'accelerazione degli sforzi verso l'eliminazione graduale del carbone non abbattuto e dei sussidi inefficienti ai combustibili fossili, fornendo un sostegno mirato ai Paesi più poveri e vulnerabili verso una transizione giusta. Il Patto prevede, tra l’altro, che al massimo dal 2030, i Paesi avranno impegni comuni di riduzione delle emissioni, su un periodo di 10 anni, e dovranno aggiornare i propri contributi determinanti a livello nazionale entro il 2022. Dal 2024 verrà adottato un nuovo metodo per fare in modo che i Paesi utilizzino le stesse metriche per rendicontare le proprie emissioni di gas serra. Decisioni sono state assunte anche per rendere operativo un nuovo mercato globale del carbonio, evitando che si possa effettuare un doppio conteggio dei crediti e inserendo i diritti umani all’interno dei meccanismi di mercato.
L’Unione Europea ha prodotto nell’ultimo anno ulteriori sforzi e ha confermato la sua leadership mondiale nelle politiche per lo sviluppo sostenibile, con l’impegno ad affrontare i problemi legati al clima e all’ambiente e a sviluppare politiche per “un’economia al servizio delle persone”. La strategia delineata nel Green Deal indica la strada da seguire per realizzare l’obiettivo di fare dell’Europa il primo continente al mondo a impatto climatico zero. Una sfida che necessita di ingenti fondi pubblici, come quelli del Next Generation EU, ma anche privati che trovano nella Tassonomia UE (si veda p. 120) – i cui atti delegati sono stati formalizzati nel 2021 – uno strumento per guidare verso le attività economiche che possono essere considerate sostenibili in vista della transizione verso una crescita economica priva di impatti negativi sull’ambiente e, in particolare, sul clima.
La sfida europea spinge anche l’Italia che trova una rilevante opportunità nel Next Generation EU, il programma per la ripresa, indirizzato alla costruzione di società ed economie sempre più sostenibili, resilienti e digitali. Il piano di ripresa e resilienza (PNRR) italiano – presentato il 30 aprile 2021 con via libera della Commissione Europea il 22 giugno 2021 – prevede riforme e investimenti, da realizzare entro il 2026, per aiutare il Paese a diventare più sostenibile e resiliente. Il Piano, studiato per favorire lo sviluppo economico e creare posti di lavoro, si articola su tre assi principali:
- digitalizzazione e innovazione – include le sfide per il miglioramento delle competenze digitali della popolazione e della forza lavoro, l'aumento della digitalizzazione delle imprese e la promozione dell'offerta di servizi pubblici digitali e l'accelerazione dell'attuazione di progetti chiave di e-government;
- transizione ecologica – nell'area delle politiche climatiche e ambientali, le principali sfide includono la necessità di un miglioramento nella gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, significativi progressi nella mobilità sostenibile e un rafforzamento dell'efficienza energetica degli edifici;
- inclusione sociale – include le misure per affrontare le sfide dell’elevata e strutturale disoccupazione, della scarsa partecipazione al mercato del lavoro (in particolare di donne e giovani) e delle disparità sociali e territoriali
I progetti di investimento del PNRR sono raggruppati in 6 missioni, cui sono destinate quota parte degli oltre 235 miliardi previsti per la sua realizzazione:
- missione 1 - digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (€ 49,86 miliardi);
- missione 2 - rivoluzione vede e transizione ecologica (€ 69,94 miliardi);
- missione 3 - infrastrutture per una mobilità sostenibile (€ 31,46 miliardi);
- missione 4 - istruzione e ricerca (€ 33,81 miliardi);
- missione 5 - inclusione e coesione (€ 29,83 miliardi);
- missione 6 – salute (€ 23 miliardi).
In questo contesto, Iren analizza e valuta i principali trend che, a lungo termine, saranno determinanti in termini di rischi e opportunità per lo sviluppo sostenibile del Gruppo.
Un ruolo rilevante è attribuito agli scenari connessi al cambiamento climatico e a suoi effetti sulle attività del Gruppo, derivanti dallo scenario fisico – fenomeni acuti (ondate di calore, alluvioni ecc.) e fenomeni cronici (modifiche strutturali del clima) – e dallo scenario di transizione verso un’economia low carbon. Alla base della strategia di medio (2026) e lungo termine (2030) del Gruppo, si trovano diverse analisi di scenario inerenti all’impatto del cambiamento climatico:
- Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) RCP 2.6 in linea con l’Accordo di Parigi che prevede un aumento di temperatura a fine secolo rispetto ai livelli preindustriali di 2°C o inferiore (~+1.5°C considerati dal Gruppo Iren). RCP 2.6 richiede che le emissioni di CO2 scendano a zero entro il 2100, che le emissioni di metano (CH4) raggiungano circa la metà dei livelli del 2020, che le emissioni di anidride solforosa (SO2) scendano a circa il 10% rispetto a quelle del periodo 1980-1990 e che vi siano emissioni di CO2 negative per circa 2 gigatonnellate all'anno;
- IPCC RCP 8.5 (business-as-usual) che prevede un aumento delle temperature a fine secolo di circa 4°C rispetto ai livelli preindustriali, compatibile con uno scenario dove non si attuano particolari misure di contrasto al cambiamento climatico;
- IEA Word Energy Outlook 2021 (WEO-2021) Sustainable Development Scenario (SDS) che rappresenta una porta di accesso ai risultati previsti dall'accordo di Parigi. In questo scenario, tutti gli attuali impegni net zero sono pienamente raggiunti e ci sono ampi sforzi per realizzare riduzioni delle emissioni a breve termine. Le economie avanzate raggiungono emissioni nette zero entro il 2050, la Cina intorno al 2060 e tutti gli altri paesi al più tardi entro il 2070. Senza assumere emissioni nette negative, lo scenario è coerente con la limitazione dell'aumento della temperatura globale a 1,65 °C (con una probabilità del 50%). Con un certo livello di emissioni negative nette dopo il 2070, l'aumento della temperatura potrebbe essere ridotto a 1,5 °C nel 2100.
- IEA WEO-2021 Stated Policies Scenario (STEPS) che riflette le attuali impostazioni basate su una valutazione settore per settore delle politiche specifiche in atto, nonché di quelle annunciate dai governi di tutto il mondo;
- Italian Electricity Market Scenario II2021 di REF-E che recepisce i più recenti trend delle dinamiche di importazione e dei mercati delle commodities, l'impatto atteso del nuovo pacchetto europeo Fit for 55 e i potenziali percorsi verso gli obiettivi di neutralità del carbonio per il 2050.
Nella pianificazione sono considerati gli impatti, i rischi e le opportunità derivanti dagli scenari. A questo scopo sono stati strutturati tre filoni di analisi del Piano Strategico:
- risk assessment quali-quantitativo basato sull’analisi dei trend di settore, dell’esposizione del Gruppo ai relativi rischi strategici e della correlata capacità del Piano Industriale di mitigare tali rischi. Per i rischi identificati nella risk map di Gruppo, aventi impatto negli anni del Piano, è stata svolta un’analisi di dettaglio dei driver quantitativi definendo impatto, probabilità di accadimento e azioni di mitigazione funzionali alla quantificazione del valore di rischio, sia inerente sia residuo. Tale valutazione ha condotto alla valorizzazione dello stress test di Piano e alla tenuta degli indici di rating assegnati al Gruppo;
- analisi degli investimenti, individuando sia i capital expenditure con effetto mitigativo sui rischi, sia quelli la cui realizzazione può rappresentare una possibile fonte di rischio, con ripercussioni economiche-finanziarie (cosiddetti rischi di execution);
- analisi dei fattori di rischio da cambiamento climatico con impatto sul Gruppo, attraverso la modellizzazione degli asset e l’individuazione dei fattori di rischio più significativi per diversi scenari climatici e orizzonti temporali, includendo anche la valutazione degli investimenti previsti dal Piano Industriale con effetto di mitigazione dei rischi da climate change.
L’analisi degli impatti del cambiamento climatico, tenendo conto delle variabili alla base dei diversi scenari, ha portato, per esempio, a considerare per i rischi fisici il trend di crescita delle temperature e ad analizzare l’impatto, in termini di marginalità, che tale trend produrrà sulla minore produzione di calore per il teleriscaldamento e sulla maggiore produzione di energia elettrica per far fronte alla crescente domanda per la climatizzazione estiva. Un'altra analisi ha riguardato la produzione di elettricità dagli impianti idroelettrici in relazione alla riduzione delle precipitazioni. Per quanto riguarda i rischi di transizione, per esempio, è considerata la riduzione di marginalità legata alla vendita di gas naturale.
L’analisi degli effetti degli scenari descritti nei processi aziendali, coerente con le linee guida della TCFD (Task Force on Climate-related Financial Disclosures), è stata ulteriormente implementata nel corso del 2021 attraverso la costruzione di un modello di gestione abilitante la valutazione dei rischi e delle opportunità connesse al cambiamento climatico che supportano le scelte strategiche (si veda p. 80).